Vendita porta a porta: regime fiscale.. Ogni giorno apro instagram e trovo richieste di venditrici a domicilio che mi vogliono includere nella loro rete di vendita.

I prodotti sono svariati: dalla cosmesi alle diete, passando per accessori, abbigliamento e affiliazioni.
Altrettanto quotidianamente leggo commenti di insulti rivolti a queste figure professionali della vendita al dettaglio tramite social. I più frequenti riguardano l’inutilità dei loro post e l’invadenza con cui ci sottopongono foto di lati b privi di cellulite o di tristi piatti crudi e sconditi accostati al prodotto del brand in questione.

Altri, tantissimi, sono post che raccontano la semplicità di fare questo lavoro, la possibilità di lavorare da remoto e di arrotondare mensilmente uno stipendio fisso.

E qui in tanti gridano allo scandalo, accusano che si tratti di lavoro nero e che vengano evase le tasse.
Ecco che prendendo spunto da questa piccola rivoluzione, ho cercato di capire come realmente queste venditrici/venditori siano inquadrati e come funzioni realmente il loro lavoro.

Grazie all’aiuto di Veronica che lavora per Juice Plus ho cosi potuto capire il funzionamento dell’azienda, l’inquadramento dei collaboratori e creare una piccola guida fiscale 😉

I venditori a domicilio per poter esercitare l’attività devono essere in possesso di un incarico scritto sia che esercitino in modalità autonoma, sia che abbiano un contratto dipendente. Non possono essere obbligati ad acquistare materiali o altri beni commercializzati o distribuiti dall’impresa affidante, salvo per i beni ed i materiali che serviranno da campionario per la vendita. L’incaricato alla vendita a domicilio non ha, salvo autorizzazione scritta, la facoltà di riscuotere il corrispettivo o di operare sconti o dilazioni sui pagamenti.

Non possono effettuare l’attività di commercio al dettaglio, quindi di vendita a domicilio, i soggetti che si trovino in una delle seguenti fattispecie:

  • Soggetti dichiarati fallito, sono alla data di chiusura del fallimento;
  • Soggetti che abbiano riportato una condanna per delitto per il quale è stata prevista una pena non inferiore a tre anni di detenzione;
  • Soggetti che abbiano riportato una condanna per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, estorsione, rapina, reati contro l’igiene e la sanità pubblica;
  • Soggetti che abbiano riportato condanne per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti.

Per queste categorie di soggetti il divieto di esercizio di attività commerciali permane per cinque anni da quando la pena è stata scontata e non si applica se è stata concessa la sospensione condizionale della pena.

L’attività svolta dai venditori a domicilio, rientra nella disciplina fiscale degli agenti e rappresentanti di commercio.

Le provvigioni percepite dai soggetti che effettuano attività di vendita a domicilio sono soggette all’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta del 23%. Tale ritenuta deve essere applicata sull’ammontare delle provvigioni percepite ridotte del 22% a titolo di deduzione forfettaria delle spese legate alla produzione del reddito. Provvigioni nette = Provvigioni premi e incentivi lordi * 78%.

Il valore delle provvigioni nette, rappresenta la base imponibile per l’applicazione della ritenuta a titolo di imposta del 23% (pari all’aliquota prevista per il primo scaglione dell’Irpef), che l’azienda mandante è tenuta ad operare sulla provvigione del venditore a domicilio.

La società mandante, che opera in qualità di sostituto d’imposta, è chiamata ad operare una ritenuta a titolo di imposta nel momento in cui viene effettuato il pagamento al soggetto incaricato delle vendite, ed indipendentemente dalla modalità di svolgimento dell’attività di quest’ ultimo (occasionale o abituale, come vedremo tra poco). Entro il giorno 16 del mese successivo a quello del pagamento delle provvigioni dovute agli incaricati, la società committente è tenuta a versare le relative ritenute tramite il modello F24 utilizzando il codice tributo 1038 nella sezione erario.

I compensi annuali corrisposti agli incaricati alle vendite a domicilio e le relative ritenute dovranno essere riepilogati con la consegna a ciascun percipiente della relativa Certificazione Unica. L’azienda committente dovrà inoltre comunicare all’Amministrazione finanziaria, tramite la dichiarazione modello 770 in qualità di sostituto d’imposta, le provvigioni corrisposte agli incaricati, la base imponibile per il calcolo delle ritenute e le ritenute operate.

La normativa fiscale prevede che l’attività dei venditori a domicilio possa essere esercitata in forma occasionale o professionale, a seconda del rispetto di alcuni requisiti: vendita considerata di carattere occasionale sino al conseguimento di un reddito netto annuo non superiore ad € 5.000.
Tale reddito deve essere considerato tenendo conto della percentuale di deduzione forfettaria del 22%. In pratica la soglia dei compensi percepiti per svolgere l’attività di venditori a domicilio a carattere occasionale è pari a €. 6.426,10 (€ 6.410,26 * 78% = € 5.000).

Il venditore a domicilio occasionale, quindi, fino al raggiungimento del suddetto limite sarà esonerato sia dall’apertura della partita Iva, che dall’applicazione dell’Iva sui compensi percepiti. Per questi soggetti sarà sufficiente rilasciare una ricevuta alla società mandante per l’importo delle provvigioni spettanti, su cui indicare l’importo della deduzione forfettaria e della ritenuta a titolo di imposta che sarà versata a cura della società mandante che funge da sostituto d’imposta.

Quindi, nel caso in cui il venditore porta a porta consegua un reddito netto annuo compreso nella soglia di € 5.000 non ha alcun obbligo di iscrizione alla Gestione separata Inps. Da precisare che, nel caso in cui il venditore intrattenga rapporti con più imprese, per il calcolo del limite dei €. 5.000 si dovrà tenere conto della somma delle provvigioni percepite da ciascuna impresa.
Il venditore a domicilio che supera la soglia delle provvigioni lorde sopra indicata di €. 6.426,10 è tenuto, obbligatoriamente, all’apertura della partita Iva, entro i 30 giorni successivi.

I soggetti che devono esercitare l’attività in modo professionale sono tenuti, quindi, all’apertura della partita Iva, utilizzando il codice attività 46.19.02, “Procacciatori di affari di vari prodotti senza prevalenza di alcuno”. Ricordiamo che per questi soggetti non sarà possibile accedere a regimi fiscali di vantaggio, come il c.d. “regime forfettario“, in quanto per i venditori a domicilio esiste già un particolare regime fiscale.
L’articolo 44 del D.L. n. 269/2003 prevede che i soggetti incaricati delle vendite a domicilio siano obbligati ad effettuare l’iscrizione alla Gestione separata dell’Inps, nel momento in cui il reddito annuo derivante da questa attività superi la soglia dei €. 5.000 di provvigioni al netto della deduzione forfettaria del 22%.

Nel caso di superamento del reddito netto annuo di € 5.000 e quindi di un volume complessivo di provvigioni pari ad €. 6.410,26 il venditore porta a porta dovrà necessariamente procedere ad effettuare l’iscrizione tramite i servizi on-line messi a disposizione dal sito dell’Inps, per iscriversi alla gestione separata e versare i relativi contributi.

Per quanto riguarda il versamento dei contributi dovuti alla Gestione separata, ricordiamo che gli stessi sono dovuti per 1/3 a carico del venditore porta a porta e per 2/3 a carico dell’azienda mandante, contributi che dovranno essere versati entro il giorno 16 del mese successivo al pagamento delle provvigioni.
Quindi, il venditore che opera in maniera professionale, sarà tenuto ad indicare in fattura la trattenuta Inps per la Gestione separata, pari ad 1/3 del contributo dovuto, che sarà poi interamente versato a cura dell’azienda mandante.

I venditori a domicilio non sono in nessun caso soggetti all’iscrizione all’Inail.

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